Apro i libri per studiare la mia ultima materia,
la prima per cui fui rimandata.
Evidenziature sbiadite,
parole dal suono conoscente
ma troppo lontane dalla mia memoria
per far sbocciare un ricordo nitido e trasparente.
Uno scontrino tra le pagine rievoca una scena,
volti, situazioni e luoghi
conosciuti e persi.
Appunti sparsi,
scritti con la matita appuntita
di una studentessa diligente.
Un foglio a quadri,
poi uno statino:
anno in corso, primo.
Inutilizzabile, carta da riciclare.
E infine 600 pagine
ignote o ignorate,
o forse solamente dimeticate.
Cattychan
Linguistica, 12 cfu
Poesia dello studente disperato:
Domenica non te ne andare,
resta qui per farmi studiare,
nessun minuto che passi veloce,
mentre il mondo tace
e io sto qui seduta a far ciò che meno mi piace.
Tra linee di evidenziatori e appunti vari
ancora ci sono concetti che non mi sono chiari.
Notte non arrivare,
dammi qualche ora ancora,
e mentre il quaderno di giallo si colora
io riesco solo ad immaginarmi in una pianura
a zappare la terra scura.
Notte per favore non avere premura,
la luna potrà pure aspettare,
per una volta,
il suo arrivo sempre puntuale.
Notte,
mia cara notte,
tu accompagni sempre il dolce sonno leggero e felice,
di chi non ha pensieri,
di chi su un letto morbido giace.
E io, seduta a questa scrivania,
gioco le sorti di una piccola vita,
la mia.
Cattychan.