Cristian

Non ti ho ancora dedicato una poesia,
perchè con te sono impegnata a viverla.
                                                   Cattychan
Published in: on 21 luglio 2010 at 19:05  Comments (1)  

Distruggimi, ma resta qui con me.

Buongiorno mio caro,
sei già fuggito
ma sento ancora il tuo profumo su di me,
e mi chiedo se già merito di occupare un posticino tra i
tuoi pensieri.
Tu, unica ossessione della mia vita,
bruci ogni altro mio desiderio,
e sai come lasciare coriandoli di me.
Tu, sai farmi sentire fragile,
sai colpirmi ed aiutarmi a rialzarmi.
Allora
Fai di me ciò che vuoi,
lasciami inerme tra le tue grandi mani,
usami come si fa con un animale.
Io, tua vittima sacrificale
Ma cosciente
Non posso che esitare,
anche se finisco col cedere sempre.
Per te.
                                                  
                                                              
Cattychan
Published in: on 18 luglio 2010 at 17:43  Comments (2)  

Insicurezza… Raccontino stupido.

Giulio
finì nella terra delle emozioni.
La
saggezza sedeva alla scrivania, tra scartoffie alte e ben ordinate.
Gli
disse: “non puoi stare qui, ammenocché tu non diventi un sentimento.”
Giulio
disse “la solitudine”, ma la saggezza indicò un individuo seduto molto lontano
in risposta.
Allora…
l’indifferenza?! La saggezza sussurrò: mi dispiace ma ella vive all’altra punta
della nostra terra, poiché vi sono state molte discussioni riguardo alla sua
permanenza qui.
La
noia? Già c’è.
Tristezza,
malinconia, dolore? Tutto occupato.
Neppure
la felicità, l’orgoglio, la cattiveria? La saggezza rimase perplessa da queste
domande sconnesse.
Arrivò
la sera ed i sentimenti si schierarono per andare a dormire.
Giulio
disse: cos’è quella linea?
La
saggezza rispose che quella linea separava i sentimenti positivi da quelli
negativi.
Ma
certo! Quello sarà il tuo posto: l’insicurezza!
Giulio
andò alla sua postazione dopo mille titubanze. Aveva scelto quello, anzi, a
dire il vero, non era stato capace nemmeno di scegliere. Si sedette, poi si
alzo, vagò un po’, e cambiò idea continuamente fino a diventare degno erede
della follia.
                                                                                                              Cattychan
Published in: on 17 luglio 2010 at 01:44  Lascia un commento  

UNA NUOVA FAVOLA:

Aicha è una bellissima bambina di sei anni, dalla pelle
scura, gli occhi neri e delle belle treccioline che le coprono il viso allegro.
Oggi è persino più felice del solito: è il suo primo giorno di scuola. La mamma
le ha parlato per anni di questo giorno, le ha comprato un bellissimo
grembiulino nuovo e l’ha accompagnata alla soglia del cancello della scuola;
poi l’ha salutata e si è allontanata. Aicha è molto eccitata all’idea di
incontrare i suoi nuovi compagnetti ma quando raggiunge la fila nessuno vuole
darle la mano. La maestra se ne accorge e prendendola per mano si mette a
capofila, suscitando l’invidia degli altri bambini verso quella bimba più
scura, diversa. Aicha però ha imparato ad essere forte, era già preparata, la
mamma gliene aveva già parlato. Salgono tutti in classe e dopo un po’ i posti
vuoti accanto a lei vengono occupati. Che fortuna! La maestra comincia
l’appello e la piccola Aicha non fa altro che ripetersi mentalmente “presente,
presente, presente” cambiando intonazione e cercando quella più adatta e
solare. Una volta arrivato il suo turno la maestra però legge solo il nome (per
fortuna senza sbagliare l’accento), e individua subito a chi appartiene, al
contrario delle volte precedenti. A quel punto la piccola bimba scura farfuglia
un “presente” un po’ triste. Subito dopo la maestra improvvisa un
rompi-ghiaccio per agevolare la conoscenza degli alunni, e comincia facendo
domande proprio a lei, che involontariamente attrae a se l’attenzione. Aicha
sorprende tutti parlando di se con una perfetta padronanza della lingua
italiana, in effetti è qui che è nata, ed è qui che ha sempre vissuto. La
maestra le chiede dei suoi genitori e Aicha comincia a raccontare con enfasi
quella favola che le racconta la mamma prima di andare a dormire, anche se per
loro è stato un incubo. La classe ascolta incredula, appassionata, e così tutto
diventa più facile: in pochi minuti Aicha diventa simpatica a tutti, e dal
giorno dopo i bambini cominciano col fare i capricci per chi deve sederle accanto.
E visse per sempre felice e contenta.

Cattychan

Published in: on 14 luglio 2010 at 21:35  Lascia un commento  

“DA CLAUDIO IL TAVERNARO”

Claudio scese in cantina per riempire il bidoncino del
cliente, lo poggiò sotto la botte di legno ed aprì lentamente il rubinetto.
Sentiva molto caldo ma anche quel giorno non aveva bevuto nemmeno un goccio di vino.
Quando il bidoncino fu quasi pieno sistemò tutto e ritornò al piano di sopra.
Ad aspettarlo vi era il cliente, che lo guardava incuriosito.
“Dev’essere bello lavorare qui” disse.
“Invece è un inferno insopportabile. E non viene mai
nessuno. Passo giornate intere seduto ad aspettare.”
“E cosa aspetta?”
“Lei. Aspetto solo lei.” farfugliò Claudio sperando di
non essere sentito.
Il cliente incuriosito continuò a fare domande finché
Claudio non cedette e facendolo accomodare gli offrì un bicchiere di vino in
cambio di compagnia.
 
“Lei era una ragazza meravigliosa, la vidi per la prima
volta ad una festa di paese mentre ballava con suo padre.”
“E come si chiamava?” interruppe il cliente.
“Chi? Lei o suo padre?” domandò Claudio stupidamente.
“Lei, lei!” rispose prontamente il cliente, incuriosito
ed affascinato dalla luce negli occhi del negoziante.
“ Rosalia!” continuò Claudio, infastidito dalle domande
pressanti ma fiero di aver appassionato quel giovane sconosciuto.
Poi aggiunse “Era la figlia di mastro Carlo, non lo
conosce?”
Il cliente ammise di non essere del luogo, e sollecitò il
negoziante a continuare la storia.
“Come dicevo, Rosalia era stupenda. Sa ai miei tempi non
era mica come queste ragazzette svestite che si vedono in televisione, tutte
truccate come pecorelle di Pasqua! Rosalia era una bella figliola, dalla faccia
pulita, i capelli scuri e gli occhi castani, molto timida. Quando alla festa
del paese le chiesi di ballare, lei scappò via di corsa, senza dirmi una parola…
Nemmeno fossi stato un orco cattivo!!! Ma da quel momento me ne innamorai e
decisi che doveva essere mia”.
Il giovane cliente sorrise, versandosi dell’altro buon
vino della casa, come se quella fosse stata “casa” sua.
“Successivamente mi informai su chi fosse, “a chi
appartenesse”, quanti anni avesse, che faceva. Ed era una brava ragazza, di
buona famiglia, brave persone insomma. Così seppi anche che lavorava in una
piccola bottega di pasticceri. Hai idea, mio caro amico improvvisato, di quanti
dolci potei mangiare prima di fidanzarci?”
Il cliente rise di gusto “e pensa se lavorava in
gioielleria!!” urlò, mentre il vino cominciava a fare effetto.
“Ahahahah. Eh già, almeno in questo sono stato fortunato!
Comunque arrivai al punto che di dolci non volevo più saperne perciò lo sai che
feci? Andai, com’è “di giusto” a “spiari u matrimonio”, insomma a dire che
volevo sposarla e che avevo intenzioni serie.
Il cliente sussultò: “e suo padre? E suo padre? Vi ha
detto di no?
Claudio lo zittì: “No, no, anzi era felice. Ma dovemmo
aspettare che si sposassero le sue tre sorelle più grandi.. Che ai tempi erano
“scapole”.
Il cliente rise, non capendo bene cosa avesse detto
Claudio. Poi ricominciò a chiedere “e poi?”
“Ohhhh E POI, E POI, E POI!!! E poi, dopo ben quattro
anni ci sposammo, nella chiesetta del paese. Una cerimonia indimenticabile ma
economica, tutto il paese era venuto ad assistere alle nozze e ad ogni passo
c’era qualcuno pronto a stringermi la mano e farmi i complimenti. Lei
ovviamente era vestita di bianco, e passò la giornata a scappare dagli scatti del
fotografo perché diceva che si vergognava. Era così bella…”
Il cliente sussultò ancora, prima che Claudio finisse di
raccontare: “Ma non mi avevi detto che la stai aspettando? E’scappata con un
altro?”
Claudio sospirò infastidito dall’insolenza del cliente, poi,
stanco, si alzò in piedi, e lentamente sfilò dal portafogli una di quelle
santine che ai funerali vengono distribuite con la foto del deceduto e la
preghiera di turno. La guardò per qualche secondo, sorrise malinconico, e
alzando lo sguardo verso il cliente, con voce tremante raccontò: “ un mese fa
fu investita da un ubriaco”. Poi andò a versarsi dell’acqua in un bicchiere.
Il cliente si lasciò scappare una parolaccia sottovoce,
poi calò il silenzio, rotto da una frase stupida e inopportuna: “Dev’essere
orribile lavorare qui”.
Claudio si lasciò andare con le confessioni “E’orribile
vivere senza di lei, è orribile sapere che quel deficiente è ancora a piede
libero, che la giustizia non esiste in Italia. E’ orribile non distinguere più
le ore di lavoro da quelle libere, perché non avendo nulla da fare lavoro per
cercare di pensare meno. Ma lei è sempre nei miei pensieri, nel mio cuore. Ogni
domenica preparo un dolce per tenerla viva nei miei ricordi. Ovviamente i suoi
non erano paragonabili a ciò che adesso preparo io quando mi improvviso chef,
ma mi piace ricordarla tra l’odore della farina, il rumore del timer del forno
ed il sapore delle dita sporche di impasto. Poi però non ho il coraggio di
mangiarla quella maledetta torta, e la vado a lasciare al cimitero.
Il cliente, in preda all’alcol rise facendo un’altra
battuta fuori luogo: “non sarebbe più comodo portarle dei fiori?”
Claudio lo guardò senza dire una parola, impassibile. Poi
lo accompagnò, guidando la sua macchina, fino al primo hotel. Ritornò a casa a
piedi, ripassando davanti alla bottega di mastro Carlo, al lampione dove si
erano dati il primo bacio sulla guancia, alla chiesa, che aveva assistito al
loro primo incontro durante la festa del paese, e a quel che restava della
vecchia pasticceria.  Si fermò solo
davanti al supermercato ancora aperto per prendere l’occorrente che gli sarebbe
servito il giorno dopo: un altro giorno, un altro dannatissimo sabato sera era
passato.

                                                                
                                                                                                

                                                                                                                      
Cattychan

Published in: on 13 luglio 2010 at 21:25  Lascia un commento  

Invisibile

Ieri sera sono uscita con amici e amici di amici.
C’era gente nuova.
A fine serata, dopo ore passate insieme, saluto uno della "gente nuova"
e sento questo tizio sussurrare alla vicina "ma chi è questa"?
E’ in questi momenti che penso seriamente di essere invisibile.
                                                                             ………
Published in: on 11 luglio 2010 at 14:10  Lascia un commento  

Mio caro sconosciuto

Mio caro sconosciuto,
perché di te non conosco più nulla,
volevo mostrarmi a te in una veste nuova,
presentandomi nel modo che più si addica ad una signora.
Offro alla tua vista i miei bellissimi occhi vigili e
decisi,
occhi, che prima ti scrutavano indecisi,
occhi stupidi e feriti, che versarono lacrime disperate
solo per te.
Ti stringo forte la mano,
mio uomo ancora immensamente odiato,
ma dalla rabbia, la stringo troppo forte,
perché brucia dentro me ancora quel dolore
così potente da avvelenare ogni mia notte.
Mi avvicino a te, mio carceriere,
per sussurrarti quanto tu mi sia mancato,
maledetto sia tu che hai peccato.
E nel momento più importante,
mi stringi a te con fare galante,
mi strappi via un nuovo bacio
dall’ inaspettato sapore cattivo, amaro, strano.
Uno sconosciuto in tutto,
questo farabutto.
Quella bocca,
ormai sporcata da streghe e sgualdrine,
mi ha quasi disgustata.
Era da tempo che attendevo questo momento,
ma adesso, ridendo, già me ne pento.
Mi chiedo il perché ho aspettato così tanto:
tu non eri li con me,
e mentre io piangevo per te
tu eri tra le braccia sue;
che senso avrebbe adesso tutto questo?
Che senso avrebbe parlare di amore, dopo tutto quel
dolore?
Che senso avrebbe affidarti ancora un mio sorriso,
ed una potenziale lacrima,
quando già la mia fiducia l’hai tradita?
A pensarci meglio, tutto questo resta solo un sogno nel
cassetto,
un sogno che resterà per sempre tale: un’utopia da non
realizzare
perché tu, mio ex carceriere, mi hai fatto troppo male.
 
                                                                                                          Cattychan
Published in: on 11 luglio 2010 at 01:28  Lascia un commento  

Sono paranoica

Sono paranoica.
E troppo organizzatrice.
Ma non ci riesco.
Non riesco a immaginare di godermi questo viaggio.
Sono prevenuta.
Sono prevenuta perchè so che farò abili.
Perchè so che non sarà tutto come lo voglio io, nelle dosi che dico io, della
qualità che voglio io, della precisione e dell’organizzazione di cui ho
bisogno.
So già che litigheremo per chi dovrà pulire il bagno, che io non voglio farlo,
e che una maniaca ossessiva come me sarà una sofferenza non lavarsi bene e che
non lavandolo per sei giorni ci prenderò le peggio malattie.
So già che qualcuno non vorrà seguire il gruppo, che se
ne starà a casa, o uscirà perdendosi, e io starò in pensiero, continuamente.
So già che mi sentirò sola in gruppo, che farò tanti
abili.
E qualcuno non si porterà le medicine, i cerotti, il
dentifricio, il sale, lo zucchero. LO ZUCCHERO, cosa faremo senza zucchero? Lo
andremo a comprare, cinque centesimi l’uno. Qualcuno non li avrà.
E io che sono paranoica, avrò ansia, e sarò nervosa.
Perché partire in gruppo se sai di essere così? Forse mi
aspettavo più organizzazione, e invece nessuno che si informa sulle spine,
sulle allergie, sul clima, su qualsiasi altra cosa, sulla via, sull’orario di
partenza…
Io non posso stare così.
Non è normale che già mi preparo una lista su cosa
mettere in valigia, ma non è nemmeno normale che altre sei persone non sappiano
la via in cui andremo ad abitare.
Ci appizzerò la salute, forse ce la sto già appizzando.
                                                                                                                                                                    Cattychan
Published in: on 7 luglio 2010 at 21:06  Lascia un commento  

Margaret sedette a tavola come le era stato ordinato

Margaret sedette a tavola come le era stato ordinato, e
per tutta la durata della cena tenne lo sguardo basso, pur di non incrociare
quello della matrigna. Mangiò la sua minestra silenziosamente, come ogni
nobildonna soleva fare; successivamente si soffermò nel notare i dettagli del
piatto di vetro e delle sue decorazioni d’argento fatte a mano che ricordavano
scarabocchi di bambini. Quando si illuse che la tortura fosse finita, una voce
stridula e impertinente ruppe il silenzio:
“Cosa pensi di me?” domandò la matrigna con aria superiore.
“Penso tu sia solo una stupida vecchiaccia infantile,
imbranata, e codarda. Penso che ti faccia comodo indossare una maschera da
santerellina, e nasconderti dietro le spalle di mio padre, col quale stai solo
per sostegno economico. Penso che, giusto per non usare francesismi, tu abbia
un carattere eccessivamente troppo aperto per i miei gusti. E penso che non
dovresti sederti davanti a me a tavola perché mi dai il voltastomaco.”
Questo però, fu solo il pensiero della piccola Margaret,
che in realtà fece un sospiro, alzò lo sguardo, e cercando di sembrare
credibile disse a voce bassa: “Penso di non conoscerla abbastanza bene per
giudicarla, signora.” La matrigna sorrise soddisfatta e…
 
Bussarono alla porta, Giuseppina si accorse di essere
rimasta ancora una volta con lo sguardo perso nel vuoto, e con un sorriso disse
“avanti.” La madre entrò in stanza e le disse sorridendo “ma non stavi
studiando?” Giuseppina, colta in fragrante si giustificò: “stavo immaginando
una nuova storia di Margaret da raccontare a Pilù”. La madre si avvicinò al
letto, prese in braccio l’orsacchiotto della figlia, e sedendosi le sussurrò,
complice: “dai, noi ti ascoltiamo.” E Giuseppina cominciò: “Margaret sedette a
tavola come le era stato ordinato…”
 
                                                                                                                                                            
Cattychan
Published in: on 6 luglio 2010 at 12:10  Lascia un commento  

L’ostinazione.

L’ostinazione… Che brutta e
meravigliosa cosa… E’ il motivo per cui nonostante tutto parlo ancora di lui…
Anche dopo essere stata abbandonata, offesa nell’orgoglio, umiliata perchè sono
crollate le mie certezze, anche oltre la tristezza, anche oltre il dolore,
anche oltre la mancanza… A
nche oltre l averlo aspettato
invano sotto scuola sua più di una volta… Anche dopo tutto quello che mi ha
detto…
Mi resta l’ostinazione, che mi permette
di continuare a sperare e a guardare la vita con ottimismo. Perchè dentro me sento
una voce che urla: "io ho amato, io ho vissuto, ed i sentimenti così forti
che ho provato hanno reso la mia esistenza una VITA piena di amore, di dolore,
di forza, di sentimenti che me l’hanno stravolta". E’ assurdo come io
riesca a scrivere così, qualcuno potrebbe pensare, adesso che è andato via,  che io non lo abbia amato, ma la verità è che
lui mi ha cambiato la vita, lui mi ha fatto conoscere qualcosa di
indescrivibile, di sano, di puro e dolce, ma allo stesso tempo travolgente e
caldo. Non una tempesta di passione, non una stupida cotta, o un amore
qualsiasi, questa volta c’ero andata vicina al vero amore. Forse non lo era, altrimenti
non saremmo a questo punto, ma… Dio quanto l’ho amato! Stare con lui è stato
come vivere più di un sogno, più di una favola, è stato vivere la realtà, una
realtà non utopistica, una realtà con alti e bassi, coi piedi per terra, in cui
ci sono state lacrime, dispiaceri, dolori, ma vissuti insieme. E ogni litigio è
stata una benedizione, perchè ci avvicinava sempre più, eccetto l’ultimo. E’
assurdo come io
sia cambiata nel profondo più negli ultimi mesi che in venti
anni, e quanto possa
essermi legata così tanto a lui
mantenendo comunque l’autostima e portando avanti i miei impegni universitari e
sociali. Ho sempre pensato che fosse quello giusto, che un giorno sarebbe stato
il padre dei miei figli, ma non siamo durati più di quattro mesi, e
all’improvviso ecco che tutto crolla e si sgretola, per delle sue decisioni, a
parer mio futili… Che sia stato un amore a senso unico? Che importa adesso
indagare, io l’ho amato profondamente, più di quanto avessi potuto programmare
o immaginare, in modo imparagonabile al passato. Nonostante le sue stupide
decisioni non sono arrabbiata, “mi brucia”, questo sì, però sono troppo felice
di averlo vissuto. Lo so è difficile da capire se non lo si vive, ma al momento
non riesco a non gioire dell’amore che ho vissuto. Lo so, per molti sarà
inconcepibile, ma io gli sarò per sempre grata di questi quattro mesi ed otto
giorni di felicità.

Proverò a farvi un esempio della mia
cecità davanti a un momento “difficile”.
Quando stavamo insieme, una sera, mi sono ritrovata al freddo ad aspettare un
autobus che non passava, e dopo ore, quando infine è passato, mi ha evitata ed
ha continuato la sua strada. A quel punto ho chiamato mio padre, che dopo
un’ora sarebbe uscito da lavoro, e mi promise che sarebbe venuto a prendermi.
Cosa dovevo fare, sola, al buio, per un ora? Ho studiato l’unico libro che
avevo in borsa (di una materia da dare tre mesi dopo) seduta su un marciapiede.
Però ho anche mandato sms a buona parte della rubrica per ricevere compagnia,
scrivendo che nonostante tutto ero felicissima, che era passato un altro giorno
ricco di novità, e che guardandomi attorno vedevo Palermo illuminata, gente coi
propri figli imbottigliata nel traffico, una cucciolata di gatti giocare
nell’erba.. E che tutto era così meraviglioso.
…Non vi dico quanti sms di parolacce ho ricevuto quella sera, e quante
minacce di non mandare più sms così drasticamente positivi. Ma capisco che non
è da tutti accettare tutto quell’ottimismo a fine serata.
 
E lo penso anche adesso, che la vita sia meravigliosa, perchè mi
ha fatto conoscere lui, e perché anche il poter piangere, urlare, anche
sfogarsi, è qualcosa di stupendo. E’ difficile spiegare a parole quello che
voglio dire eh? Provate a immaginare come stareste se non aveste mai avuto la
possibilità di sfogarvi. Pensate a quanta energia negativa avreste dentro di
voi, repressa. Adesso non credete che le lacrime e le urla siano meravigliose?
Molti di voi a questo punto staranno pensando di arrendersi,
chiudere tutto e finirla qui con questo racconto, ma siete quasi alla fine, un
ultimo sforzo; voglio mostrarvi quando io creda veramente in quello che vi sto trasmettendo,
seppure, essendo un essere umano, non sprizzi positività in continuazione.

Dunque… Volete sapere un’altra cosa strana del mio carattere? (Immagino starete
urlando un “noooooooooo”, ma io vado avanti lo stesso, ahahahah) Beh… La notte mi
cominciano a prendere degli sbalzi emotivi. Questo spiega la mia grande
incoerenza e la mia pazzia.

Qualche tempo fa ho passato un brutto
periodo, ed ho conosciuto questo nuovo lato del mio carattere: passavo dal
ridere di gusto di nervosismo a piangere a dirotto, a urlare, a prendere a
pugni il cuscino, a sbattermi la testa al muro (con moderatezza, giusto per
potere solo migliorare la mia situazione mentale, tanto peggio di colì!), a
ricominciare a ridere di gusto.
Ma questa volta non è dolore, non è
voglia di autodistruggersi, non è rabbia, non è gelosia, invidia, o
incazzatura. Questa volta non lo so descrivere; ma non è quello.
Questa volta non viene dalla mente, ma dal profondo del mio cuore.

Come dicevo, la notte mi assale la tristezza, giusto un pò, mi scende qualche
lacrima tra i sorrisi e la malinconia e cerco di messaggiare con qualcuno, per
non sentirmi sola. Infondo credo di esserlo, perchè per un motivo o per un
altro, ho davvero poche persone vicine. A tal proposito vorrei ringraziare le
mie colonne portanti Manuela e Fabrizio, Marco Guzzio, Federica, e Laura, per
essermi stati vicini (alcuni di loro li ringrazio anche per gli sms notturni).

 
Questo sfogo è durato fin troppo, per
cui lo concludo velocemente con una mia perla di saggezza:
Anche quando credete che tutto vada
male, non siate ciechi, guardate attorno a voi e troverete sicuramente qualcosa
di positivo su cui concentrarvi.
 
E vi lascio con una mia vecchia poesia:
 
 
L’ottimismo è il profumo della vita:        20/10/2009
 
Guardatevi
attorno sfidando la vita con un sorriso
che copra le
lacrime,
e
lei si arrenderà alla vostra felicità.
Ridete sotto
la pioggia,
ridete
quando perderete qualcuno che avete amato,
ridete per
aver vissuto la felicità,
ridete per
trovare la forza di riviverla,
ridete
quando l’autobus salta la vostra fermata,
quando tutto
il giorno correte da un capo all’altro di Palermo per realizzare i vostri
sogni,
ridete
quando vi arriva la solita mail del "vi faremo sapere",
ridete alla
vita, e lei si arrenderà alla vostra felicità.
 
                                                                                    By
Cattychan.
 
 

Published in: on 5 luglio 2010 at 13:43  Lascia un commento